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Il Pino silvestre è naturalizzato al nord nella nostra Penisola, in Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino, Liguria e Emilia Romagna, tra 100 e 1800 metri sul livello del mare. Eliofilo, si insedia sui versanti meridionali in ambiente aperto, eventualmente anche degradato, comportandosi da specie pioniera. Forma boschi puri oppure si associa a Larice, Pino rosso e Pino nero, oppure a ginepri, roverella o ancora può essere presente in boscaglie di ginestra e citiso. Vegeta al meglio in terreni leggeri, sabbiosi, molto ben drenati, a pH debolmente acido (non troppo altrimenti diventa clorotico) in pieno sole o al massimo in leggera ombra. Terreni troppo pesanti possono abbreviarne considerevolmente la vita, e quelli umidi ne rallentano moltissimo la crescita altrimenti piuttosto veloce, del resto si adatta abbastanza a condizioni non ottimali del substrato. Tollera esposizioni marittime, venti forti, inquinamento atmosferico, e anche l’aridità quando è ben attecchito.
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Il Pino silvestre si propaga per seme subito dopo la raccolta o nel tardo inverno, in vasetti individuali per evitare il ripicchettamento. I contenitori vanno esposti alla luce perché la luminosità è fondamentale alla germinazione. L’impianto può avvenire nel giro di un paio d’anni, avendo cura di fornire una pacciamatura per evitare la competizione del giovane Pinus sylvestris con le infestanti e di proteggere dal freddo la pianta almeno per i primi due inverni. Vanno evitati il più possibile i trapianti, soprattutto per piante più alte di 90 cm, pena l’arresto dell’accrescimento e la minore resistenza ai venti. I migliori risultati si ottengono con impianti di semenzali alti 5-10 cm. E’ possibile tentare la propagazione vegetativa anche se di solito la crescita delle talee tende a essere piuttosto lenta. Come in molti altri pini anche gli aghi del Pino silvestre producono sostanze inibenti la germinazione dei semi, che dilavate dalla pioggia cadono a terra rendendo difficoltoso l’attecchimento delle piante sotto la sua chioma. Questo fatto unito alla caduta degli aghi che acidificano il terreno circostante rendono spesso consigliabile coltivare piante acidofile e ombrofile (come azalee, ortensie, hosta, aceri giapponesi di piccole dimensioni), piuttosto che darsi da fare a lungo per riuscire a far attecchire il prato (operazione comunque non impossibile). Il pino silvestre è adatto come esemplare isolato, in gruppi, affiancato ad altre conifere oppure a latifoglie. Può essere potato secondo l’arte topiaria e affiancato a bossi o cipressi in giardini formali. Potature meno drastiche, ma comunque sapientemente effettuate per rendere ordinata la sua chioma, possono renderlo idoneo a far parte di giardini di stile orientale. Oppure può essere lasciato libero di crescere come vuole, in giardini a vocazione naturale in cui attirerà la fauna selvatica. E’ altresì possibile coltivarlo in contenitori oppure ridurlo a bonsai (questi ultimi due utilizzi a partire da varietà opportunamente selezionate). In tutti questi casi il Pino silvestre darà buona prova di sé.
Segnaliamo la Thaumetopoea pityocampa, il Cryptocephalus pini, la Rhyacionia buoliana, gli afidi del genere Cinara, e inoltre ruggine della corteccia e non, e arrossamenti causati da Lophodermium.
Le caratteristiche del legno di Pino silvestre variano a seconda della sua provenienza, in genere a nord delle alpi è di qualità tale da poter essere impiegato in edilizia e per produrre mobilio, altrimenti lo si utilizza per produrre carbone e cellulosa.
Tra le varietà di Pino silvestre ricordiamo: “Repens” per rock garden, contenitori, bonsai o come coprisuolo, “Gold medal” dal colore dorato, “Lodge hill”, “Cakmaklar bolu”, “Chantry blue”, “Watereri” ad aghi grigio blu crescita lenta portamento piramidale e eretto adatta a potature in forma, “Moseri” compatta e conica con aghi lunghi che diventano dorati in inverno, “Beuvrenensis” minuscola dato che cresce 60 cm in 10 anni, globosa a aghi corti, adatta a bonsai.
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