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E’ una pianta molto adattabile. In Italia il suo areale di distribuzione copre gli Appennini fino alla Calabria (da sola o in associazione con rovere, leccio e orniello), e le Prealpi, arrivando oltre i 1300 metri di altitudine insieme al faggio. In quota ama i versanti più riparati e meglio illuminati, essendo una pianta eliofila e termofila. Colonizza con facilità terreni poveri e asciutti, marnosi e calcarei, ma si adatta anche a terreni argillosi, tenendo comunque conto della sua avversione per il ristagno idrico. Tollera assai bene la siccità, più del carpino bianco. In pianura predilige posizioni più ombreggiate.
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I semi lunghi circa 5 mm vanno raccolti dalle infruttescenze essiccate e posti in semenzaio nell’autunno successivo. Dopo il diradamento le giovani piante vanno mantenute in vivaio per circa quattro anni, poi possono essere messe a dimora in autunno o primavera su un terreno possibilmente ben drenato e ricco di sostanza organica. Gli esemplari vanno affiancati dai tutori se devono crescere come alberi isolati. Nel caso di siepi informali le piante andranno sostenute dal un filo posto a 100 cm da terra e piantumate su due file sfalsate a quinconce, distanti 100 cm tra loro. Tra una pianta e l’altra va mantenuta una distanza di 150 cm, accorciabile a 100 cm se si desidera affrettare i tempi di chiusura della siepe, che altrimenti richiede 4 anni per arrivare a formare la barriera.
Il carpino nero è un’essenza di dimensioni ridotte, adatta anche a piccoli giardini e utilizzata nelle alberature urbane dove dà prova di sopportare molto bene le condizioni avverse date da siccità e inquinamento. Si presta a essere utilizzata nelle siepi informali, o a formare piccoli gruppi di due o tre esemplari in parchi di maggiori dimensioni. Viene considerata una specie poco socievole. Nel caso della siepe la cimatura per favorire il rinfoltimento va eseguita già dal primo autunno successivo alla messa a dimora, a 150 cm di altezza. Ha un apparato radicale superficiale, ragion per cui in giovane età teme le gelate. Essendo una specie pioniera resistente agli incendi e piuttosto frugale, il carpino nero viene utilizzato anche per preservare il suolo dalla degradazione o nel rimboschimento di versanti impoveriti.
Da segnalare il fungo ascomicete Taphrina carpini che attacca il legno di tronco e rami creando l’effetto affastellato dei rametti detti a “scopazzi”. Le parti colpite sono caratterizzate da ipertrofia, risveglio anticipato delle gemme, e produzione di foglie piccole e arricciate.
Il legno del carpino nero ha fibre irregolari che ne rendono difficile la lavorazione. Viene utilizzato come legna da ardere e, data la sua durezza e resistenza, per la produzione di attrezzature agricole o da falegnameria (pialle).
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