Molto apprezzata in fitoterapia occidentale, la cuscuta è ritenuta dagli esperti un vero e proprio toccasana, in grado di curare e recare sollievo nei disturbi legati a fegato, milza e colecisti. Leggermente lassativa, viene ancora oggi utilizzata dagli erboristi più esperti per la preparazione di medicamenti in grado di dare sostegno alla funzione epatica. Le sostanze estratte dalla pianta hanno un sapore amaro, e contribuiscono alla funzionalità renale grazie al loro potere diuretico. Raccolta fresca ed utilizzata per uso esterno, la cuscuta è in grado di aiutare a combattere particolari forme di dermatite. Nella medicina cinese la cuscuta ha sempre rivestito un ruolo molto importante, tanto che viene oggi compresa tra le nove piante che compongono l'Equiguard, un medicinale indicato per la cura di prostata e disturbi renali.
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La cuscuta si può trovare in Europa, in Asia, in America ed in Africa. Il suo habitat naturale è rappresentato da piante di altre specie, dalle quali estrae le sostanze nutritive. Si tratta di una pianta annuale alta circa 30/40 cm di colore biancastro o rossastro, composta da un unico fusto filiforme privo di foglie. Proprio il fusto filiforme serve alla cuscuta per avvolgere la pianta ospitante, in un fitto intrico. La pianta colpita, privata così di una parte importante delle proprie sostanze nutritive, tende ad indebolirsi irreparabilmente. I fiori sono disposti a grappolo lungo lo stelo, in misura variabile da sei a dodici per ogni grappolo. La fioritura avviene nel periodo compreso tra giugno e settembre, ed i fiori peduncolati racchiudono al loro interno 3/4 piccolissimi semi in grado di dare vita ad una nuova pianta.
I fusti filiformi della cuscuta possono essere di colore giallo, biancastro oppure rosso, ma mai verde a causa della totale mancanza di clorofilla che non le consente di produrre autonomamente le proprie sostanze vitali. Per sopperire a questa mancanza va ad ancorarsi a fusti e foglie di piante verdi, succhiandone così la linfa vitale. Priva di radici, non potrebbe sopravvivere se non ancorata ad altre specie. Il suo potere devastante era già noto nell'antichità, quando i Romani che ne conoscevano le caratteristiche la ribattezzarono con il nome di rete del diavolo. La sua propagazione nelle zone infestate avviene attraverso il seme piccolissimo contenuto all'interno del fiore, difficile da sterminare per la sua caratteristica resistenza che gli permette di rimanere in grado di germinare anche per una decina d'anni. La mancanza di clorofilla della pianta rende vani i tentativi di estirparla facendo uso di erbicidi, tranne quelli a base di propizamide non indicati nella maggior parte delle colture. L'unico rimedio efficace ad oggi sembra essere l'estirpazione manuale dei tralci.
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