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Ovviamente l’essere umano non ha solo studiato i piante ed i loro fiori e ne ha fatto una rigorosa classificazione scientifica, bensì li ha pure classificati in maniera più empirica e “popolare” in base alle condizioni d’uso; ciò è penetrato nella nostra cultura ed infatti, per esempio, ogni volta che parliamo di rose automaticamente pensiamo ad un fiore da regalare classicamente in bouquet, mentre ciò non vale per l’orchidea che, grazie a delle composizione particolari per vaso e sottosuolo, viene regalata come pianta nella stragrande maggioranza dei casi, anche se è chiaro che è il fiore il protagonista dell’effetto (e non potrebbe essere diversamente in quanto la pianta di orchidea è sottile e poco appariscente rispetto all’infiorescenza che porta). Ma le piante per arredare non sono solo le piante da fiore, anche perché esistono esemplari che in appartamento non fioriscono (la distanza dalle condizioni di habitat naturale è troppa) ma che sono molto gettonati: un esempio fuori dalle righe? Il cactus e le altre piante “grasse” (succulente è il nome scientifico). Essi non riescono praticamente mai a fiorire in appartamento (quelli che vedete fioriti sono stati già venduti così, perché la fioritura è ottenuta in particolari serre in grado di riprodurre anche il clima desertico), ma sono tra le più diffuse piante d’arredo sia per interni che per esterni.
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Un’altra pianta, di cui vedremo tra poco le destinazioni d’uso più frequenti, che in pratica si identifica col suo fiore è la calla : questa pianta di origine africana (cresce infatti spontaneamente in quella grossa fetta di Africa compresa tra l’Equatore ed il Capo di Buona Speranza, ovvero la punta Sud del continente, situata in Sud Africa) è apprezzata perché dà vita ad un fiore dalle dimensioni importanti e dalle linee tanto semplici quanto eleganti. Non a caso questo fiore ha un nome scientifico che non c’entra nulla col termine “calla” che invece deriva dal greco e vuol dire “bello”; per la scienza botanica la calla è la “Zantedeschia” in onore dello scienziato italiano (Francesco Zantedeschi) che per primo la scoprì, la classificò e la portò in Europa. In tutte le culture per cui è passata, la calla è sempre stata il simbolo di quella bellezza che sta così al limite con l’instabilità, ovvero quel senso di perdizione, di estasi che i fenomeni meravigliosi impongono a chi li osserva; per spiegarci ancora meglio, una “bellezza maledetta”, anche se non c’è nessunissimo riferimento né a fenomeni paranormali né altro di negativo.
Una caratteristica di coltivazione della calla è che essa prende origine da bulbi, così come accade per molte altre piante da fiore (un esempio è la fresia); in pratica la radice è sostituita da un bulbo che cresce sottoterra e dal quale parte lo stelo principale della pianta verso l’alto. Dal bulbo si diramano poche e piccole radici secondarie (in effetti chiamandole così le si sta già sovra considerando, però tant’è), ma il grosso del lavoro radicale di sostentamento strutturale e vitale alla pianta è fatto dal bulbo. Un vantaggio del bulbo di calla (ma accade anche per le altre piante con queste caratteristiche) è che esso può essere conservato anche in cassetto (sembra strano, ma in realtà è uno dei luoghi migliori per la conservazione in quanto è buio e solitamente asciutto) durante la stagione fredda in cui la pianta muore, per essere poi ripiantato alla fine dell’inverno e vedere rispuntare fiori e pianta. In realtà, paradossalmente, se fosse conservato in terra e fosse esposto alle intemperie, il bulbo di calla marcirebbe perché non sopporta alcun tipo di alimentazione nel periodo di riposo vegetativo ed anche la rimessa in terra deve essere cauta perché è come se ci fosse un periodo di “riabilitazione” alla vita. Detto questo, il periodo migliore per piantare i bulbi di calla dipende dalle specie, ma in generale ci si aggira tra gennaio e febbraio.
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