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Ben consci del fatto che al giorno d’oggi le piante vengono viste soprattutto per il loro enorme potere decorativo sia in casa che fuori, e per la capacità di trasmettere all’essere umano le più varie emozioni positive (perciò sono spessissimo utilizzate come regalo), noi desideriamo approfondire maggiormente l’aspetto evolutivo che ha portato ogni pianta alla sua forma attuale, che ricordiamo essere in lentissima ma continua evoluzione, così come ogni altra forma di vita sulla Terra. In particolare in questo articolo vogliamo parlare degli adattamenti estremi delle piante, ovvero di quelli che si sono verificati per poter vivere in luoghi inaccessibili come deserti freddi e caldi, oppure senza stare al contatto con il terreno ma imparando a cibarsi tramite l’aria oppure “rubando” qual cosina da altre forme viventi. Tra le cose più affascinanti ci sono gli adattamenti dovuti ai deserti caldi, dove sembra assurdo vivere perché manca l’acqua, che è il componente essenziale alla vita dell’uomo ed anche delle piante. Queste ultime, almeno nelle specie che si sono evolute per vivere in queste zone, sono state in grado di diventare eccezionali econome dell’acqua, immagazzinandone ogni quantità possibile ed utilizzandolo “col contagocce”, ovvero con grande attenzione.
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Una pianta famosissima tra quelle che si sono adattate al clima desertico è la Mammillaria; il suo nome ricorda, ed è facile intuirlo, quello di “mammella”, ed il tutto è dovuto alla sua conformazione esterna che ricorda vagamente un seno femminile. La mammillaria è tra le più conosciute specie di Cactacee, una famiglia di piante che si caratterizza proprio per l’adattamento nei deserti caldi. Ebbene, la Mammillaria è un genere, ovvero un raggruppamento di specie, che comprende più di trecento varietà che si diversificano soprattutto per l’aspetto esteriore e per la zona di provenienza, mentre le caratteristiche sono abbastanza comuni. Riprendendo il discorso etimologico, la mammillaria ha una forma tozza e rotondetta, con un lanuggine all’apice (su cui nascono anche fiori e frutti) che completa la somiglianza con una mammella femminile umana. In realtà la sua conformazione bassa e tozza (poi tra le trecento e passa specie c’è sia quella che non supera i due centimetri di altezza che quella che sfiora i due metri) è dovuta al fatto che essa sia una pianta succulenta, ovvero con i tessuti interni che si riempiono di linfa, che in questo caso è una sostanza lattiginosa, come riserva per affrontare i lunghi periodi secchi tipici dei deserti caldi.
La mammillaria, come tutte le piante “grasse” (nella loro volgare definizione), ha subito una evoluzione che ha portato alla degenerazione delle foglie in spine, dato che la superficie fogliare rischiava di dissipare troppo della preziosa quantità d’acqua immagazzinata nei tessuti. A seconda delle specie, c’è la mammillaria totalmente ricoperta di spine e c’è quella che ha poche ma grosse spine, spesso utili anche a difendersi da animali che avrebbero voluto mordere il corpo della pianta per “bere” alcuni dei succhi e dissetarsi. Un’altra differenza tra le varie specie del genere suddetto è la presenza dei fiori, che possono sia essere tanti e sia singoli, con dimensioni piccole o anche grandi e vistose (anche se prevale la prima), mentre le colorazioni sono tra il rosso ed il giallo con possibili sfumature. Per quanto riguarda la coltivazione, la mammillaria è molto semplice da tenere e soprattutto riesce a resistere bene anche a temperature invernali rigide (di poco sotto gli zero gradi centigradi), oltre ovviamente a poter vivere in pieno sole. L’innaffiatura deve essere regolare giornalmente nei periodi caldi (da marzo a ottobre), stando attenti al fatto che il terreno sia ben drenante; mentre in inverno vanno sospese del tutto le annaffiature, perché più la pianta è secca e meglio resiste al freddo.
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