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Il Pero selvatico è diffuso in tutta la penisola con l’eccezione della Valle d’Aosta, dal piano fino a 1400 metri sul livello del mare, solo o con altri esemplari negli arbusteti, nei boschi di latifoglie o al loro limitare, dal Lauretum al Fagetum, cioè nelle zone fitoclimatiche caratterizzate da una temperatura media annuale che va da 6-12°C a 12-23°C con la temperatura media del mese più freddo che può variare di molto, scendendo però non oltre i -4°C. E’ molto rappresentato sugli Appennini centro meridionali. Predilige quindi un clima temperato fresco, e la Pianura Padana rappresenta il suo ambiente ideale. Rifugge i freddi intensi, la siccità e le temperature elevate. Preferisce suoli sciolti, profondi e drenati, ricchi di sostanza organica. Non tollera asfissia, ristagno idrico e l’eccesso di calcare. Ama il pieno sole, ma senza eccessi in piena estate.
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La propagazione può avvenire per seme in primavera o a fine inverno, previa estivazione cioè stratificazione calda (2-4 settimane a 20°C) seguita da stratificazione fredda cioè vernalizzazione (12-16 settimane a 2-5°C), o in alternativa si può tentare la semina autunnale senza bisogno di ricorrere a trattamenti particolari per rimuovere la dormienza dei semi. Il Pero selvatico è una albero o un arbusto di elevato valore ornamentale dalla primavera quando si copre di fiori, all’autunno quando le foglie mutano colore. Persino in inverno la pianta in riposo vegetativo ha un suo fascino. In un giardino biologico non può mancare sia perché i suoi frutti sono molto appetiti dagli animali, sia perché le api banchettano volentieri con i suoi fiori, sia perché può far parte di belle siepi informali in compagnia per esempio di Biancospino, Rose botaniche, Sorbo selvatico, Sambuco, Melo ornamentale, eccetera. Come esemplare isolato in giardino viene valorizzato dall’associazione con una rosa rampicante con la quale può condividere le eventuali esigenze di lotta antiparassitaria. In passato veniva usato come portainnesto per il Pero, ma le piante che se ne ricavano tendono a essere troppo alte e grandi. L’accrescimento è piuttosto lento.
Tra i parassiti che colpiscono il Pero selvatico ricordiamo Cacopsylla pyri ed Eriosoma lanuginosum, oltre a afidi e cocciniglie. Tra le malattie fungine più importanti invece vanno ricordate la ticchiolatura del pero causata dall’ascomicete Venturia pirina, la moniliosi, il cancro delle pomacee, l'oidio o mal bianco, e la maculatura bruna del pero causata da Stemphylium vesicarium. L’Erwinia amylovora, invece, è l’agente batterico che provoca il cosiddetto “colpo di fuoco” che porta al disseccamento generalizzato di chioma e tronco.
Il legno del Pero selvatico è duro, compatto, a grana fine, di colore bruno rossastro e di buona qualità. Si utilizzava per la costruzione di righe e squadre, in xilografia, per la produzione di mobili. Oggi si usa ancora per la costruzione di strumenti musicali o parti di essi , e come combustibile. In seguito al trattamento con sali di ferro che lo fanno diventare nero, il legno del Pero selvatico prende il nome di falso ebano.
Il Pero selvatico è ovviamente strettamente imparentato con il Pero comune, ma i sistematici non sono concordi quando si tratta di stabilire il loro grado di parentela. Alcuni sostengono che il Pero selvatico e il Pero comune siano in realtà la stessa pianta, e cioè che il Pero comune non esista spontaneo in natura, ma sia solo frutto di miglioramento genetico operato nel corso dei secoli dall’uomo a partire da Pyrus pyraster. In quest’ottica le cultivar di Pero comune andrebbero considerate tutte varietà del Pero selvatico.
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