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La Tamerice comune è diffusa quasi in tutto il territorio italiano, isole comprese, a esclusione di Trentino Alto Adige, Piemonte e Valle d’Aosta, Umbria e Abruzzo. Il suo areale di distribuzione va da 0 a 800 metri sul livello del mare, soprattutto in zone costiere, litoranee sabbiose e sub salse ma anche lungo corsi d’acqua sui greti o terreni ghiaiosi e addirittura fangosi. E’ una pianta rustica e pioniera, vive su suoli poveri, salini, sabbiosi, ma anche su quelli argillosi purché venga assicurato il drenaggio. L’unica condizione edafica che la può mettere in difficoltà è l’eccessiva presenza di calcare attivo nel suolo (cioè il calcare solubile). Predilige esposizioni in pieno sole. Resiste molto bene a siccità prolungate, venti e venti salmastri, salinità.
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La Tamerice comune viene utilizzata come frangivento, per consolidare dune sabbiose, come specie ornamentale in parchi e giardini, per alberature stradali e rimboschimenti in zone a alta salinità. A seconda delle condizioni in cui vive la sua bellezza può essere più o meno evidente. E’ ovvio che in condizioni limite non darà il meglio di sé, mentre se coltivata in posizioni meno esposte, su terreni non eccessivamente sabbiosi o ghiaiosi, potrà vegetare al meglio con poche cure. La sua copiosa fioritura e la chioma sempre leggiadra possono dare il loro meglio in contesti medio piccoli come giardini in zone costiere o siepi libere a lati di viali o zone umide, sulle rive di laghetti o sul fondo di bordure all’inglese, e in giardini di stampo naturale e non troppo formale o moderno. La propagazione può avvenire sia per via vegetativa tramite talee, che per seme a primavera o in autunno, tenendo conto però che la facoltà germinativa si perde molto in fretta. La germinazione è molto veloce, ma seguita da uno sviluppo lento. La potatura se necessaria va effettuata immediatamente dopo la fioritura.
Tra i parassiti ricordiamo le larve dei rodilegno (Zeuzera pyrina e Cossus cossus) che scavano le loro gallerie nei fusti, e l’omottero Metcalfa pruinosa che si nutre della linfa della pianta, digerendone solo la parte proteica e espellendone la parte zuccherina sotto forma di melata appiccicosa che ricade sulla pianta con conseguente possibilità di sviluppare la fumaggine di origine fungina e attirare le api, oltre ad essere usata dai beduini, che ancora oggi la raccolgono una volta che si è indurita ed è caduta al suolo e la impiegano in sostituzione dello zucchero. Altre malattie fungine a cui va soggetta la Tamerice comune sono le carie del legno causate da basidiomiceti come Polyporus o Fomes e il mal bianco o oidio causato dall’ascomicete Sphaerotheca macularis.
A parte l’utilizzo antico dei suoi ramoscelli impiegati come ramazze non vengono segnalati altri impieghi per il suo legno.
Segnaliamo la varietà Tamarix gallica indica a corteccia bruno rossiccia.
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