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L’origine dell’equiseto risale all’epoca preistorica. Questa pianta antichissima era diffusa più di 400 milioni di anni fa, quando ancora non avevano fatto la loro comparsa sulla Terra gli esseri umani. In questo lunghissimo periodo di tempo l’equiseto ha continuato a riprodursi attraverso le spore diffuse dai suoi strobili, una volta giunti a maturazione. Attualmente sono rimaste soltanto 15 specie, presenti nell’emisfero settentrionale. Le virtù terapeutiche dell’equiseto sono concentrate unicamente nei rami fertili. Già i Romani conoscevano questa pianta per i suoi effetti ricostituenti. Gli Indiani la impiegavano per sviluppare la massa muscolare, guarire le fratture o le ferite. Dal 1600 in Europa l’equiseto veniva adoperato in caso di infiammazioni cutanee o per il trattamento dei calcoli renali. Anche l’antica medicina ayurvedica lo menziona per la cura dei disturbi dell’apparato urinario. Secondo le credenze magiche un piccolo mazzo di equiseto legato al letto aumentava la fertilità delle coppie.
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L’equiseto, altrimenti conosciuto come coda cavallina, annovera vari principi attivi tra cui la silice, i flavonoidi, i sali di potassio. Proprio l'elevato contenuto in silice conferisce all’equiseto spiccate proprietà rimineralizzanti. Questo principio contribuisce a irrobustire e a fortificare la struttura scheletrica. Non è un caso che l’equiseto venga attualmente utilizzato sia nel trattamento dell’osteoporosi, che nella cura delle fratture di cui accelera la guarigione. Le sue proprietà riminalizzanti si rivelano efficaci anche per fortificare capelli deboli e sottili o unghie fragili. Fin dall’antichità l'equiseto era apprezzato per i suoi effetti diuretici. Già Galeno lo citava come pianta medicamentosa. Non solo combatte la ritenzione idrica e si rivela un valido alleato nel trattamento della cellulite, ma risulta essere anche un efficace coadiuvante nella cura della cistite. La parte aerea della pianta viene impiegata nell’uso esterno per diminuire le infiammazioni della pelle, contro le emorragie nasali o nel trattamento delle emorroidi.
L’uso dell’equiseto, come quello di qualsiasi erba officinale, presenta delle controindicazioni per cui è bene avvertire sempre il medico o il farmacista nel caso in cui si seguano delle cure medicinali. Per i principi attivi che lo caratterizzano l’equiseto è controindicato in caso di edemi causati da malattie cardiache o renali. I suoi effetti diuretici impongono delle precauzioni se si stanno già assumendo farmaci con proprietà simili. L’impiego di equiseto può provocare infatti una perdita di potassio, che ne impone la sospensione durante le terapie dei disturbi bipolari o del ritmo cardiaco. Tra i possibili effetti secondari si registrano disturbi digestivi passeggeri, dermatiti allergiche e carenza di vitamina B provocata da un consumo eccessivo. È sconsigliata l'assunzione di coda cavallina durante la gravidanza o nel periodo dell’allattamento. Va sottolineato che, fino ad oggi, reazioni tossiche vere e proprie provocate dall’equiseto sono state registrate solo nel bestiame, in seguito al consumo di grandi quantità.
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