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Il rapporto speciale che lega esseri umani e piante che stavamo descrivendo nel paragrafo precedente ha portato a dotare anche le nostre case della presenza positiva delle piante, sia dentro che appena fuori. Infatti molte persone fanno sacrifici per avere dei giardini privati fuori casa, ma altre tante, forse con meno possibilità o semplicemente per scelta personale, decidono di “coltivare” la loro passione e l’amore per piante e natura in casa, con fioriere a balconi e finestre e con vasi sparsi per la casa in punti quasi strategici e da noi preferiti. Esiste una classificazione meno scientifica del mondo vegetale che raccoglie numerose specie sotto un gruppo chiamato “piante da arredamento”: esso rappresenta queste specie accomunate da caratteristiche estetiche e funzionali capaci di farle sopravvivere molto bene nell’ambiente interno delle nostre case. Si tratta a volte di piante che si adattano bene, per natura, a cambiare molto il loro clima naturale di sopravvivenza, magari per via di ibridizzazioni ed incroci vari avuti nel tempo; altre volte però si tratta di vere e proprie piante che in ambiente esterno non potrebbero vivere, ad esempio quelle di origine tropicale come l’Orchidea, la quale cresce in natura nel sottobosco delle foreste tropicali, al riparo da aria, luce ed intemperie dalle enormi chiome dei grossi alberi, quindi è “al coperto” quasi come in appartamento, perciò vi si adatta benissimo.
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In questo articolo parliamo nello specifico di una delle piante più diffuse come pianta d’appartamento, ma utilizzata anche molto spesso come regalo ed anche come simbolo di tante cerimonie ed eventi particolari delle nostre vite: il giglio. Questa pianta è famosissima per via dei suoi fiori grandi, colorati vivacemente e soprattutto profumatissimi; ciò che colpisce è anche la grande eleganza ed il portamento maestoso che questa comunque piccola pianta riesce ad avere, grazie a dei fusti dei fiori eretti ed abbastanza forti da “sopportare” infiorescenze abbondanti e grosse, dato che il fiore di giglio (che è chiamato giglio semplicemente, identificandosi praticamente con la pianta stessa) può raggiungere anche i quindici centimetri di diametro alla massima apertura dei petali. Il nome “giglio”, è doveroso precisarlo, è il nome volgare di questa pianta, il cui nome scientifico è “lilium”, e designa una pianta parente stretta dell’Iris ed appartenente anch’essa al genere Liliaceae. Come abbiamo già accennato, l’appellativo di giglio indica più che altro il fiore, anche se è il nome della pianta, perché è proprio il fiore la parte più riconoscibile della specie in questione; in generale la pianta può giungere anche ai due metri di altezza, ma il più delle volte si ferma a circa un metro. Nel suo ambiente originario, che ricordiamo essere una estesa fascia che corre dall’Europa all’Asia e si spinge fino al Nord America tutto in clima temperato, si possono notare grosse piante perenni e tante infiorescenze molto vicine e spettacolari.
Al di là di quanto si possa credere, e dopo vedremo il perché, il giglio è una pianta dalle radici perenni, ovvero radici che restano vive anche se tutta la parte esterna della pianta muore nel periodo non vegetativo, ponendo le basi, con le opportune condizioni soprattutto climatiche, ad una “rinascita” nella stagione propizia. In effetti il Lilium è una pianta a bulbo, ovvero possiede un bulbo che si pone appena sottoterra e dal quale escono le radici (verso il basso, chiaramente) e lo stelo o gli steli con i fiori verso l’alto. Intorno al bulbo ci sono delle scaglie che possono notarsi alla base della pianta e che sono utilizzate spesso per distinguere tra le varie specie, oltre alla forma ed alle colorazioni caratteristiche dei fiori. Ora, caratteristica speciale di tutte le piante con bulbo è che tutte le parti della pianta che non siano il bulbo, finita la stagione vegetativa, muoiano, per poi rinascere dal fusto stesso l’anno successivo; ciò vuol dire che il fusto si presenterà come l’unica parte a restare in vita, dato che i fiori e gli steli seccano (ma questo è abbastanza comune) e lo fanno anche le radici. Il giglio, come accennavamo in precedenza, è però particolare proprio perché le sue radici restano in vita ed attaccate al bulbo, fino alla stagione che ne permetterà la rinascita. Altro comportamento tipico legato alle piante con bulbi è che esse, una volta cadute foglie fiori e radici, vengano rimosse dal terreno e conservato in un luogo non troppo freddo ma soprattutto asciutto, perché c’è l’usanza di togliere i bulbi dal terreno in quanto lì potrebbero marcire se non producono nulla; a tal punto viene automatico pensare che invece il giglio non debba venire rimosso una volta scomparsa la parte visibile della pianta, anche se oggettivamente non è bello da vedere un vaso senza alcuna pianta: l’errore più comune è proprio quello di ritenere la pianta di giglio morta perché è caduto tutto il visibile esterno, quindi estirpare il bulbo e magari gettarlo via. Vi consigliamo vivamente di lasciare lì il bulbo senza nemmeno toccarlo fino ad almeno la stagione successiva, perché potrebbe lentamente rinascere una piantina in quanto è questo il ciclo naturale.
La pianta di giglio, come la totalità delle piante presenti sul nostro pianeta, ha anche delle foglie, anche se esse da un punto di vista estetico hanno meno rilevanza rispetto ai fiori, che sono la caratteristica più riconoscibile di questa specie. Comunque le foglie del giglio hanno carattere lanceolato, sono strette ed abbastanza affusolate, con delle venature in parallelo sulle facce; esse sono attaccate a palco o sparse casualmente al fusto centrale della pianta, il quale è molto piccolo e spesso totalmente ricoperto dalle foglie stesso. Dal fusto, che nasce direttamente dal bulbo attraverso le squame, si diramano gli steli che sorreggono i fiori, le vere “superstar” di questa pianta. Il fiore del giglio è costituito da un’ampia corona di tepali, ovvero da componenti che sono una via di mezzo tra sepali e petali (in molte piante c’è la degenerazione dei sepali ad unirsi ai petali); essi sono sei, tra cui possiamo riconoscere tre petali classici ed altri tre che sono sepali cosiddetti “petaloidi”, cioè degenerati a somigliare a petali. Comunque tutti e sei formano l’intero fiore, molto grande e vistoso, ma dal portamento molto elegante e classico, perciò adatto per occasioni ecclesiastiche o comunque cerimonie importanti. Il suo profumo intenso deve essere ricondotto agli apparati sessuali del fiore, posti all’interno e capaci di attirare insetti da enorme distanza per garantirsi la sopravvivenza attraverso una buona mescolanza genetica. Nonostante siano poche le specie di giglio davvero diffuse con una certa frequenza, ne esistono più di ottanta specie diverse, a cui vanno aggiunti numeri ancora più grandi se consideriamo anche gli ibridi ed i generi di cultivar, ovvero di piante fatte apposta per essere coltivate in grandi numeri (di preciso carattere commerciale). Ciò che varia tra queste specie è soprattutto la forma dei fiori e la loro colorazione, dato che si notano petali più piccoli (tipo orchidea) oppure con colorazione macchiata, oppure ancora leggermente ripiegati ed incurvati, modificando un po’ l’aspetto classico del giglio più diffuso.
Tra queste centinaia di specie diverse di giglio ce ne sono alcune, e nello specifico quelle di origine cinese e giapponese, che presentano la caratteristica di produrre nuove radici ad ogni rinascita stagionale vegetativa. Si tratta di un comportamento che è una via di mezzo tra le radici perenni dei gigli e le radici stagionali di altre piante a bulbo, forse ottenuto durante l’evoluzione per aiutare la rinascita della pianta, dato che queste nuove radici rendono più forte la pianta stessa e soprattutto la aiutano a riprende il carattere vegetativo. Le utilizzazioni del giglio sono per lo più incentrate sull’ornamento di luoghi come appartamenti e locali eleganti, ma ce ne sono altre forse meno conosciute: il bulbo, soprattutto in Oriente, è decotto ed i suoi succhi sono utilizzati come tisana diuretica ed astringente, diffusa nelle culture orientali. Non solo, il profumo del giglio è considerato molto rilassante, e ciò è scientificamente provato; è anche provato però che non si deve superare la dose di un fiore a massima apertura ogni cinque metri quadrati di ambiente chiuso, altrimenti il profumo diventa troppo intenso ed invece di rilassare rischia di provocare mal di testa ed altre reazioni.
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