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Il Fico d’India viene coltivato a scopo produttivo, cioè per commercializzare i suoi frutti commestibili, ed a scopo ornamentale per la coltivazione su terreno o in vaso. Tra le varietà di Opuntia coltivate a fini ornamentali, ricordiamo, oltre al Ficus indica, anche opuntia humifusa, opuntia compressa, opuntia polycantha e opuntia megacantha, simile al Ficus indica. Un’altra classificazione del Fico d’India avviene in base alla colorazione del frutto. In questo caso si distinguono la varietà bianca o sulfarina, gialla o muscaredda e rossa o sanguigna. Il Fico d’India con frutti gialli può avere colorazioni che vanno dal giallo chiaro all’arancione, mentre il sanguigno , il frutto più commercializzato e apprezzato, ha un colore rosso porpora o amaranto. In base all’epoca della comparsa dei frutti si distingue anche una varierà chiamata “bastardone”. I bastardoni fruttificano in autunno, a differenza delle altre varietà che lo fanno in estate. In realtà i bastardoni sono ottenuti da interventi di potatura che eliminano i fiori della prima fioritura delle varietà estive, per ottenere una fioritura ritardata e frutti di dimensioni più grandi. I bastardoni, nelle produzioni agricole siciliane, hanno la denominazione geografica protetta e sono considerati dei frutti molto pregiati.
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Il Fico d’India è una pianta succulenta a portamento arbustivo che può raggiungere anche i cinque metri di altezza. Tra le piante grasse è quella che si adatta meglio a qualsiasi tipo di terreno e a condizioni di particolare aridità e siccità. La pianta è composta da foglie spesse, dure e spinose, chiamate clatodi e rivestite di una cuticola che impedisce la traspirazione e protegge la pianta dall’attacco dei predatori. I clatodi, detti anche pale, derivano in realtà da una deformazione del fusto del Fico d’India. Hanno una forma ovale, colore verde chiaro e sono caratterizzati da protuberanze spinose e da un’areola da cui si sviluppano dei fiori di colore giallo. I fiori sono ermafroditi e l’impollinazione avviene ad opera degli insetti. L’apparato fiorale del Fico d’India si sviluppa nei clatodi con più di un anno di vita, nella parte apicale e più esposta al sole. Il Fico d’India compie la fotosintesi clorofilliana in maniera diversa dalle altre piante, ovvero di notte. Ciò è dovuto alla presenza, nelle foglie, di stomi che si aprono nelle ore notturne favorendo lo scambio di ossigeno e di anidride carbonica. L’ossigenazione notturna evita, nella pianta, la traspirazione e l’eccessiva perdita di liquidi. Questa caratteristica annovera il Fico d’India tra le piante cosiddette “ecologiche”, in quanto la sua coltivazione contribuisce a un notevole risparmio delle risorse idriche per la possibilità di ridurre le irrigazioni solo allo stretto necessario. La struttura radicale di questa pianta è molto ridotta, e non supera quasi mai i 40 centimetri. I frutti del Fico d’India sono delle bacche carnose commestibili, di vario colore e piene di semi. Da notare che le spine sono presenti anche nella buccia esterna del frutto, dove si trovano areole da cui potranno svilupparsi fiori o radici. Le spine del Fico d’India sono di colore bianco, rigide e alte fino a due centimetri. Foglie e frutti presentano anche spine più sottili, i glochidi, lunghi pochi millimetri e in grado di provocare irritazioni sulla pelle. I glochidi sono sempre presenti anche nelle varietà senza spine.
Il Fico d’India fiorisce a primavera o in estate. Alcune varietà del genere Opuntia possono fiorire in estate o in autunno. E’ il caso dell’opuntia humifusa che fiorisce nel mese di luglio o dell’opuntia poliycantha che fiorisce da luglio a settembre. Se si vuole coltivare una pianta del genere opuntia anche nelle zone con inverni molto rigidi, si può scegliere l’opuntia compressa. Tutte le specie citate richiamano per forma ed aspetto, il Fico d’India siciliano, anche se si prestano meglio alla coltivazione in vaso a scopo ornamentale. La varietà humifusa, ad esempio, ha delle pale più piccole e di colore verde chiaro brillante, la polycantha, invece, ha fiori gialli, con sfumature rosse, e pale di colore verde intenso, fittamente ricoperte da lunghe spine bianche.
Il Fico d’India si adatta a qualsiasi tipo di terreno e di temperatura. Trattandosi di una pianta grassa è bene non esporla a temperature vicine o inferiori allo zero, perché il freddo blocca lo sviluppo della pianta e prima o poi la fa seccare conducendola alla morte. Il terreno ideale per coltivare il Fico d’India è comunque a pH basico o neutro, mentre sono assolutamente da evitare i ristagni idrici e l’eccessiva umidità; il terriccio deve, infatti, essere leggero e ben drenato. Il Fico d’India ama le esposizioni soleggiate, meglio se al sole diretto, anche se, in estate, quando i raggi si fanno più pungenti, è consigliabile spostare la pianta coltivata in vaso in piena luce, ma non sotto il sole diretto. Per le piante coltivate all’aperto, l’esposizione ideale deve essere verso Sud e in un luogo ben areato. Se la pianta è coltivata in appartamento può essere collocata vicino al davanzale e a mezz’ombra, ma sempre in una zona ben areata. Arieggiamento e luce non diretta sono le condizioni ambientali che il Fico d’India gradisce durante le stagioni estive troppo torride. A dispetto della sua natura di pianta grassa, anche questa pianta necessita di alcuni piccoli accorgimenti per crescere in maniera sana e per dare vita a una struttura ornamentale che sia il più possibile gradevole all’occhio umano.
Il Fico d’India non ha bisogno di irrigazioni eccessive. L’innaffiatura della pianta è per lo più concentrata nei mesi estivi o primaverili, in funzione della temperatura specifica della zona in cui viene coltivata. In genere si annaffia quando il terriccio appare secco o asciutto. In estate o nelle primavere piuttosto calde, questo accade circa ogni dieci giorni o al massimo ogni settimana, mentre in inverno si può procedere ad innaffiare una volta al mese. Se le temperature sono troppo rigide si può anche evitare di irrigare la pianta, perché il terreno deve rimanere asciutto. Per non causare alla pianta marciume radicale, bisogna eliminare i ristagni di acqua dal sottovaso, mentre nella coltivazione all’aperto bisogna scegliere sempre terreni ben livellati e meno esposti all’accumulo di pioggia. La frequenza delle irrigazioni va aumentata solo in caso di coltivazione del Fico d’India che fruttifica in autunno producendo i “bastardoni”. Le specie che fruttificano ad agosto possono anche non essere irrigate durante questo mese, mentre bisogna farlo per quelle che fruttificano nella stagione autunnale.
Il Fico d’India, oltre a non avere eccessive esigenze colturali, non richiede concimazioni complicate o complesse. In genere si “accontenta” di una concimazione a base di fosforo e potassio a cui abbinare un fertilizzante organico. Il terreno su cui coltivare la pianta va lavorato semplicemente per eliminare le erbe infestanti che difficilmente compariranno durante il pieno sviluppo della stessa, che è già considerata un’infestante per la sua elevata capacità riproduttiva. Basta pensare che nei paesaggi americani si è fatto ricorso a dei parassiti naturali del Fico d’India per debellare la crescita di numerose piante di questa specie.
Il Fico d’India si propaga per seme o per talea. I semi vengono prelevati dai frutti, in autunno, per poi essere lavati e immersi in un liquido in modo da ammorbidirne la cuticola e favorire la germinazione. I semi vanno poi interrati sul terreno o su un contenitore composto da terriccio per seme e sabbia. Durante lo sviluppo delle piantine, il contenitore va inumidito e tenuto a temperature superiori ai 25 gradi, in zone esposte alla luce. La propagazione per talea si realizza prelevando dalla pianta adulta dei clatodi, cioè le pale. Se queste sono troppo grandi si possono dividere a metà. Il prelievo dei clatodi va effettuato tra la primavera e l’estate facendo attenzione a scegliere almeno una pala di due anni e due o tre pale di un anno. Le talee si possono piantare all’aperto o in vaso, su terriccio asciutto e a temperature di circa 15 gradi.
La potatura, nell’Opuntia Ficus Indica, non è eccessiva e mira solo a eliminare le pale eccessivamente grandi, malformate e che cozzano tra loro. Questi interventi si effettuano a primavera o in estate. Sempre nello stesso periodo, meglio se a inizio estate, si effettua la scozzolatura, una pratica che consiste nell’eliminare i fiori e le pale sviluppatesi nel periodo primaverile, in modo da favorire lo sviluppo dei fiori nella pale più vecchie e la comparsa dei frutti autunnali chiamati “bastardoni”.
Il Fico d’India è spesso colpito dalla cocciniglia, insetto usato per debellare proprio l’effetto infestante della pianta. Quando l’Opuntia Ficus Indica viene coltivata in giardino a scopo ornamentale, l’effetto della cocciniglia può essere davvero fastidioso. Accorgersi dell’infezione non è difficile perché le foglie della pianta appaiono puntellate di macchie bianche. In questo caso si è di fronte all’attacco della cocciniglia cotonosa. Altra malattia che può colpire la pianta, il cancro gommoso, provocato dalla Dothiorella ribis, forma asessuata del Botryosphaeria ribis, fungo che attacca gli agrumi. Il cancro gommoso del Fico d’India si manifesta con delle macchie maculate sui clatodi, che finiscono per aprirsi ed emettere un essudato. A lungo andare, il cancro gommoso provoca il disseccamento della pianta. Le malattie del Fico d’India si combattono per via naturale o chimica. La cocciniglia si può eliminare pulendo le foglie con cotone imbevuto di alcool, mentre le malattie funghine si combattono con prodotti chimici specifici o rimuovendo le condizioni che ne favoriscono lo sviluppo, quali ristagni idrici ed eccessiva umidità.
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