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Il gelsomino è ampiamente utilizzato in ambito cosmetico per la sua inconfondibile profumazione. Già nella Polinesia francese era conosciuto per le proprietà cosmetiche. Le indigene lasciavano i fiori a macerare in acqua e poi utilizzavano questa lozione piacevolmente aromatica per pulire il viso. Aggiungevano la varietà del jasminum grandiflorum, noto anche come gelsomino spagnolo, all’olio con cui tradizionalmente idratavano il corpo e i capelli, sfruttando così le sue intense note profumate. Non è un caso che in Oriente il jasminum sia tradizionalmente considerato il simbolo dell’amore e della sensualità femminile. Meno conosciute sono, invece, le proprietà terapeutiche attribuite al gelsomino in campo officinale. Questa pianta vanta infatti effetti calmanti, cicatrizzanti, antispasmodici e antisettici. L’olio, in cui sono lasciati a macerare i fiori del gelsomino, può essere utilizzato per frizioni dall’effetto sedativo, antidepressivo, afrodisiaco e anche come cura contro gli attacchi di mal di testa.
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Conosciuto per i suoi fiori bianchi e profumatissimi, il gelsomino in realtà è diffuso in 200 specie differenti che comprendono anche varietà dai fiori gialli e rosa. La maggioranza dei gelsomini sono originari dell’Asia Centrale, altri provengono dall’Africa e dall’Australia. L’unica varietà europea è il jasminum fruticans, che cresce ad arbusto fino ai due metri di altezza e tra aprile e giugno presenta dei bei fiori gialli. Il gelsomino officinale era conosciuto dagli Egiziani e poi dai Greci e dai Romani, ma scomparve in Europa fino al XV secolo quando venne di nuovo introdotto. Una nota a parte merita il jasminum sambac Granduca di Toscana, che deve il suo nome a Francesco I di Toscana. Alla fine del Cinquecento il Granduca ne ricevette in dono una pianticella dalle lontane terre di Goa. La coltivò così gelosamente nei suoi giardini segreti, dove collezionava altre piante esotiche, che finì per fiorire una sorta di leggenda intorno a questa specie dal fiore carnoso simile a una camelia. Agli inizi del XIX secolo il sambac Granduca di Toscana era a tal punto ricercato da essere sfoggiato all’occhiello dagli aristocratici catanesi.
Per talea si intende in agraria la parte di una pianta che è in grado di sviluppare radici e può essere, quindi, utilizzata per riprodurre un nuovo esemplare. Il termine talea ha finito, poi, per indicare la tecnica stessa della riproduzione vegetativa che permette di moltiplicare le piante. Di solito viene utilizzato un ramo che presenti almeno una gemma. Ci sono però delle varianti. Si parla di talea radicale quando la riproduzione è ottenuta dalle radici e di talea fogliare quando vengono impiegate le foglie. Anche il gelsomino può essere moltiplicato per talea. Dopo la fioritura va tagliato un ramo lungo 15 centimetri. È necessario togliere le foglie basse e mantenere quelle in alto. In un vaso va messo uno strato di ghiaia per favorire il drenaggio, quindi aggiunta della sabbia mescolata alla torba. La talea deve essere posizionata nel vaso dopo aver creato un buco di 10 cm. Bisogna innaffiare e mettere il vaso in una zona in ombra e ben riparata. Il terriccio va mantenuto umido, senza però esagerare con l’acqua. È consigliato attendere la primavera prima di estrarre il nuovo gelsomino per trasferirlo in un altro vaso o nella terra.
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