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Il carciofo può riprodursi da seme, ma le piante che ne derivano non si riconducono più ad alcuna delle varietà di partenza, a causa della forte eterozigosi del corredo genomico della pianta, con conseguente imprevedibilità circa la dimensione dei capolini e l’epoca di fioritura che potrebbe variare da esemplare a esemplare. Meglio quindi procedere per propagazione vegetativa, senza arrivare a quella effettuata in vitro ma semplicemente utilizzando o i carducci prelevati durante la scarducciatura, oppure gli ovoli prelevati dai rizomi, magari durante il rinnovo delle vecchie carciofaie. Nel primo caso i carducci, cioè i polloni basali originati dalle gemme del rizoma sotterraneo, alti 20-40 cm e con 4 foglie all’incirca, vengono asportati insieme a una piccola porzione di rizoma provvisto di radichette e impiantati o in ottobre con un rincalzo all’arrivo dei primi freddi, oppure in primavera. In ogni caso va effettuata la cimatura delle foglie dei carducci prima della messa a dimora. Con gli ovoli invece si lavora in estate, prelevandoli e facendoli pregermogliare (inumidendoli e tenedoli a mucchi per un paio di giorni) prima di metterli a dimora in buche profonde 20 cm. Le distanze di impianto variano a seconda della varietà, ma di solito si aggirano sui 2 metri tra le file e 80 cm sulla fila. Volendo tentare la semina si procede a fine inverno in semenzaio coperto o in pieno campo a maggio, interrando i semi a 1,5 cm di profondità.
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Il carciofo preferisce un terreno di medio impasto e fresco, profondo, con un pH neutro, ma può adattarsi a situazioni differenti sia dal punto di vista del pH che della tessitura. La preparazione del terreno avverrà all’inizio dell’estate per la propagazione a ovuli o in autunno per quella a carducci e prevede una lavorazione profonda fino a 50 cm con apporto di sostanza organica, seguita da lavorazioni più superficiali.
La fertilizzazione deve essere abbondante perché la pianta è una forte consumatrice. Oltre alla preparazione del terreno si forniranno concimazione bilanciata al momento dell’impianto o in primavera seguita da due somministrazioni ricche in azoto durante il picco della stagione vegetativa.
Importantissima la scarducciatura che va effettuata alla ripresa vegetativa primaverile. A seconda della varietà di carciofo e della densità di impianto si lasciano più o meno carducci (di solito non più di due o tre comunque) per evitare che un eccesso di proliferazione vegetativa porta a uno scadimento della produzione. I carducci asportati potranno essere impiantati o buttati a seconda delle esigenze. Un’altra operazione importante è quella dell’eliminazione delle infestanti. Tra le avversità del carciofo ricordiamo l’oidio, le arvicole, le lumache, alcuni lepidotteri (la depressa ria e la nottua del carciofo), i grillotalpa, la cassida e gli afidi. Per allontanare le arvicole si può piantare aglio o ribes nero attorno all’aiuola dei carciofi, introdurre spicchi di aglio dentro ai loro cunicoli, oppure utilizzare appositi apparecchi che emettono suoni fastidiosi per i roditori. Gli afidi verranno scoraggiati da una concimazione equilibrata e non eccessiva, combattuti dalle larve e adulti di coccinella, contrastati con macerato di ortica, infuso di cipolla o preparati a base di piretro. I grillotalpa non vanno contrastati eccessivamente perché si nutrono anche di larve dannose, ma possono essere controllati se proliferano eccessivamente portando alla luce i loro nidi e distruggendoli. Le lumache possono essere tenute alla larga con recinzioni apposite e/o catturate con trappole alla birra (un bicchierino riempito per 2/3 di birra collocato in punti strategici, le lumache muoiono ubriache e felici). In alternativa si possono allevare un paio di anatre che si nutrono molto volentieri di lumache. Il coltivatore biologico può avvalersi delle consociazioni favorevoli con porro, piselli, ravanelli, cipolla, lattuga e fagiolini.
In caso di siccità vanno effettuate ogni 7-10 giorni durante l’estate e, a seconda della varietà, prolungate anche se diradate durante l’autunno.
Il carciofo contiene potassio, sali di ferro, inulina, mannite, sodio, rame, zinco, manganese e fosforo. La cinarina è responsabile del suo sapore amarognolo e favorisce diuresi e secrezione biliare ma viene resa inattiva dalla cottura ragion per cui i carciofi andrebbero mangiati crudi. La pianta è benefica per il fegato, abbassa il livello di colesterolo nel sangue, è digestivo, contrasta l’arteriosclerosi e le malattie cardiovascolari oltre che svolgere un’azione antitumorale.
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