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In questo secondo paragrafo vogliamo specificare, esplicitando, tutto ciò che rende artificiale i nostri cibi, ovvero tutto ciò da cui il “bio” si distanzia. Ci sono due cose su cui ci si concentra, ovvero i trattamenti di modifica industriale e quelli che si attuano durante la crescita per migliorare e/o aumentare la produzione. Per i trattamenti di modifica ci basti pensare ad un cibo comunissimo come la passata di pomodoro, con cui soprattutto noi Italiani conviviamo praticamente tutti i giorni: una cosa è se essa è prodotta come facevano i nostri nonni, scegliendo uno ad uno, lavando, cuocendo e pestando i pomodori manualmente, con strumenti piccoli e facili anche da autocostruirsi, mentre tutt’altro è quando i pomodori sono lavorati industrialmente, gettando nel “calderone” ogni cosa somigli anche vagamente ad un pomodoro, sacrificando un briciolo di qualità (poi corretta con aggiunte varie quali conservanti, coloranti eccetera) per la quantità. Per migliorare ed aumentare la produzione solitamente si fa uso, in campo vegetale, di diserbanti chimici e fertilizzanti artificiali, mentre in campo animale, di cibi sotto forma di integratori e, nei casi estremi ed illegali, di ormoni per aumentare la massa degli animali.
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Bisogna dire che quella del “bio” è anche una moda, o almeno come tale si è molto diffusa; non è un aspetto positivo, perché testimonianza l’ignoranza di tanta gente che invece di analizzare le idee e le proposte per ciò che sono, le segue solo quando diventano mode. Nell’ambito del cibo bio, esso ha avuto un maggiore successo per l’agricoltura (rispetto all’allevamento animale, il quale è parte di una grossa fetta dell’industria del cibo e deve per forza garantirsi grandi numeri), la quale è diventata un vero caposaldo di questa cultura. Pezzo forte dell’agricoltura bio è il fertilizzante naturale: effettivamente i fertilizzanti artificiali sono quanto di peggio ci possa essere per la genuinità di un prodotto, in quanto è vero che aiutano a tenere lontano malattie ed insetti infestanti, ma dall’altro lato lo fanno con sostanze che in alcuni casi si sono rivelate tossiche, per accumulo, nell’essere umano. Purtroppo fino a circa gli anni Ottanta ed anche i Novanta, ne sono stati utilizzati in quantità spaventosa, e soprattutto ne erano in uso alcuni che erano veleno allo stato puro, per gli insetti ma anche per alcune funzionalità del corpo umano. Ebbene, il marchio “bio” sui fertilizzanti ne garantisce l’uso naturale.
Ma l’agricoltura bio consente o non consente l’uso di fertilizzanti? Certo che si: infatti i fertilizzanti sono in uso da sempre nel mondo dell’agricoltura, anche prima che fosse inventata la chimica industriale. Come è possibile tutto ciò? Semplicemente utilizzando del fertilizzante naturale, che spesso è anche il migliore possibile. Dai nostri nonni abbiamo per esempio imparato che il miglior fertilizzante è il letame di grossi animali da fattoria, come i buoi, le mucche ed i cavalli; forse essi lo scoprirono perché i campi in cui pascolavano questi animali erano sempre i più produttivi, ma a noi interessa che ciò funziona davvero: oggi potremmo mescolare un pizzico di letame due volte l’anno anche nella piantina sul balcone, perché le sostanza nutrienti ed i batteri che contiene sono un vero aiuto, DEL TUTTO NATURALE, per la pianta. Un altro tipo di fertilizzante naturale è il compost; bisogna precisare che questo è quasi artificiale, nel senso che l’uomo ha studiato un metodo per velocizzarne la formazione, ma senza aggiungere nulla a livello di prodotti, perciò è bio: si tratta di residui di cibo (bucce di frutta, legumi eccetera) mischiati con scarti del giardino (foglie secche, rami e fiori da potatura) che insieme per mesi danno vita a reazioni naturali che portano ad ottenere un terriccio profumato e molto produttivo.
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